giovedì 4 gennaio 2007

USI E COSTUMI, TRADIZIONI E CULTURE IGBO NIGERIANI E AFRICANI

Usi e Costumi, Tradizioni e Culture Igbo, Nigeriani e Africani.

Premessa

Molti occidentali fanno lo sbaglio di considerare Africa come un paese e conseguentemente con una cultura sola. Beh, non è così, ci sono circa 54 paesi in Africa ed ognuno di loro ha la propria cultura, anzi le proprie culture. Infatti, molti paesi africani sono formati da diversi gruppi etnici che hanno le loro lingue, culture, tradizioni e costumi diversi tra di loro. Quindi quando si ossa a parlare della cultura o tradizione africana, bisognerebbe precisare il paese, la tribù o meglio ancora il gruppo etnico. Nigeria, con più di 250 etnie e lingue diverse, è un tipico esempio di quello che voglio spiegare. Ma tocca dire però che molte culture africane, specialmente dell'area subsahariana, si assomigliano molto.


Cercherei di evidenziare alcune di quelle piccole cose che caratterizzano la vita quotidiana di gente comune in molte parti africane, specialmente in Igbo, sapendo che queste cose ultimamente sono fortemente condizionate dalla religione e dal livello sociale e l'ambiente in cui si vive. E' da notare che alcune note importanti o passaggi riguardanti le tradizioni e culture di questi popoli (la nascita, il matrimonio, la morte, i riti di passaggi, il mangiare, le festività, le società, le religioni, abiti e costumi tradizionali, socializarsi in occidente ecc.) sono trattati di seguito.

La famiglia:

Oggi la gran maggioranza delle famiglie tradizionali Igbo e Africane è patrilineare e patriarcale e molte famiglie sono poligame, un fattore più culturale che religioso. La donna sposata prende il cognome del marito e si trasferisce a casa di lui, nonché convertirsi alla religione del marito se diversa dalla sua, se necessario. L'uomo ha il dovere di provvedere per il sostentamento della famiglia mentre la donna si occupa dell'educazione dei figli, ma l'uomo naturalmente interviene per esercitare la forza quando può sembrare difficile per la donna, anche se il compito di educare un bambino è anche considerata dell'intera comunità in cui vive, ogni anziano ha il “diritto e dovere” di richiamare l'attenzione ma anche di punire un bambino che sbaglia. La famiglia non è considerata completa senza figli, appunto la necessità di sposare altre mogli in alcuni casi. La famiglia allargata africana porta a considerare ogni anziano “padre” o “zio”, madre o zia, a secondo del rapporto di parentela o amicizia di quella persona con la famiglia. Ci sono interi villaggi e comunità che non si sposano tra di loro perché considerati figli della stessa famiglia, e quindi per evitare di commettere l'incesto.

Il salutare:

E' un fattore molto importante perché serve come un indicatore per misurare i rapporti interpersonali a cominciare da quando si sveglia la mattina; un buongiorno timido indica un messaggio di non contentezza verso l'altro e non salutare o rispondere a un saluto indica un'interruzione momentanea o permanente di un rapporto. Ognuno ha il dovere di salutare per primo il più anziano e quest'ultimo ha il diritto di richiederlo quando ciò non avvenga, indipendentemente dal rapporto di parentela. Nella cultura Igbo e di molti altri popoli africani, la stretta di mano rimane il simbolo di un saluto formale (specialmente per gli uomini) e usare le due mani contemporaneamente per salutare simboleggia il rispetto riservato al più anziano o a chi è di rango superiore.

L'ospitalità:

E' un altro indicatore importante per misurare il gradimento di un'ospite e la reazione di quest'ultimo indica il suo stato di animo, se la visita è per bene o il contrario. Quello che si offre a un ospite varia da cultura a cultura, ma quello che importa è ciò che rappresenta. Gli Igbo offrono la “noce di Kola”, c'è chi offre un bicchiere di acqua o altre bevande, c'è chi invece offre qualche chicco di caffè da masticare, con una certa insistenza che ciò si offre viene accettata, e l'accettazione o il rifiuto di queste cose può già condizionare positivamente o negativamente il motivo della visita.

L'educazione:

L'educazione dei figli è diventata una priorità per una famiglia media africana, cerca di mandare i figli a scuola con qualsiasi mezzo possibile, eccetto in alcuni casi di estrema povertà, impraticabilità e o analfabetismo. Il figlio che ha raggiunto l'età o lo status di lavoratore ha il compito di provvedere per l'educazione di chi o quelli che lo seguono e così via. In questa tradizione l'effetto della famiglia allargata è molto sentito: il figlio di tua sorella o fratello in difficoltà diventa automaticamente la tua responsabilità.


Culture e socializzazione del popolo Igbo (in Nigeria)

Ci sono stati casi tra gli Igbo con uomini di titoli di grande importanza. Nella maggior parte dei casi, tuttavia, una tale conversione merita di essere descritto come un miracolo della grazia, perché significava che respinge extra mogli, rompendo così la normale vita domestica e molto di cedere la propria condizione sociale, negando se stessi e di molte delle gioie della vita pubblica . La religione ha anche un significato politico, dal momento che l'autorità del governo tradizionale ha un fondamento religioso. I governanti in società sono capi, società segrete e anziani sacerdotale, tutti recante e utilizzando l'autorità invisibile del mondo delle divinità e spiriti degli antenati.

La legge e le usanze native imposte da loro per quanto riguarda il matrimonio e i diritti della terra per esempio, sono originari da antenati santificati e gli dei quali sarebbe sacrilegio a disobbedire; rischiando una pericolosa maledizione e le sanzioni dalla forza diretta fisica tuttavia a volte comandato da questi governatori tradizionali. L'influenza missionaria è stata sentita in diversi aspetti della cultura tra cui tali modifiche come la sospensione dell'uccisione di gemelli tra i Igbos, l'adozione di abbigliamento occidentale al posto delle tradizionali stili di vestire, e la parziale assenza di poligamia.

Organizzazione regalità

Un prole igbo è un prodotto di lignaggio del suo padre e quindi il “chi” è paterno nella prospettiva.
Quando si raggiunge l'età della pubertà, poi si è introdotto sia nel lignaggio della madre della madre (nonna materna) sia del lignaggio del padre del padre (nono paterno). Quando si sposa, il lignaggio della moglie svolge un ruolo sociale molto importante per i suoi figli. In effetti, in tutta la società di persone igbo, esiste una serie di gruppi paternali. Per eredità e successione, una persona prende il legittimo diritto di proprietà della stirpe di suo padre.

Corte tradizionale

Non molto tempo fa, gli studiosi occidentali con i geni del pensiero coloniale hanno scritto che le società tribali e primitive in Africa non hanno avuto alcun disposizioni legislative. Studiosi europei hanno visto "legge" come un concetto di cultura occidentale, ivi compresi i tribunali e giudici. In Nigeria hanno osservato i governanti come gli “Emir” di Kano e Sokoto. Gli studiosi non si rendono conto che tutte le società hanno le loro disposizioni legislative, sviluppato dalle loro esperienze per le loro specifiche esigenze e di sopravvivenza. Prima dell'arrivo del governo coloniale, il popolo igbo è stato governato dai loro “Obi” e “Eze” secondo le tradizionali leggi e costumi. Tribunali tradizionali sono stati stabiliti in diversi sedi divisionali. Ogni villaggio viene rappresentato dal suo capo o il consigliere di “Nze”. Piccoli casi sono stati gestiti a livello locale dai capi villaggio, in particolari casi, ad esempio per controversie familiari. Molti casi del tribunale tradizionale vengono revisionati da parte del distretto ufficiale o il residente che vive in ambiente urbano o divisionale / provinciale.

Le leggi degli igbo si basa su regole che vengono emanate dagli anziani e sanzionato dagli antenati “Ndichie”. Una infrazione di una legge non costituisce la rottura di un tabù. Quelli che hanno infrato la legge sono puniti o multati. Il concetto Igbo di diritto è radicata nella giurisprudenza Igbo che è un organismo di argomenti complessi di principi etici.


Lo Spirito avito attraverso il titolo degli Dei Fittizi

Gli anziani credono che il mondo sia pieno di esseri creati e di cose, entrambi anima ed inanimato. Il mondo di spirito è la dimora del creatore, le divinità, gli spiriti incorporei e maligni, e gli spiriti aviti. È la dimora di futuro del vivere dopo la loro morte. C'è l'interazione costante tra il mondo di uomo ed il mondo dei morti; le forze visibili ed invisibili. L'esistenza per l'Igbo potrebbe essere detta per essere duplice. Le interrelazioni coinvolgono l'interazione tra il materiale e spirituale, il visibile e l'invisibile. Il buono ed il cattivo, i vivi ed i morti.

“Kola-Nut” “Oji” - Noce di cola - Simbolo di Ospitalità

In qualunque funzione del villaggio, l'uomo con titolo o l'anziano del villaggio è presentato con le noce di cola, che gioca un ruolo sociale e rituale molto importante nella cultura di Igbo. Le noci di cola è il più alto simbolo di ospitalità di Igbo. Quando una noce di cola appare in una riunione, la questione da discuttere in quel tempo particolare è considerato molto importante. L'offerta di bevande, di cibo e di carne non sono così considerati importante nella cultura di Igbo come l'offerta di noce di cola. Quando un ospite importante visita la comunità, le noci di cola sono portate e consegnato alla persona più anziano o al sacerdoto. Questo simbolo di ospitalità di Igbo ha tre passi e chiunque non segue questi passi è penalizzato dagli anziani del villaggio.

- Il primo passo è la presentazione di noce di cola

- La seconda è la “rottura” della noce di cola.

- La terza è la distribuzione della noce di cola.

Di seguito è riportato un esempio del ruolo di noce di cola tra gli Igbo tratto dal libro di Chinua Achebe, "Things fall apart," (Il crollo)

C'era un uomo ricco nel Villaggio di Okonkwo che ha avuto tre granai enormi, nove mogli e trenta bambini. Si chiamava Nwakobie, ed aveva portato il secondo più alto titolo che un uomo potrebbe ricevere nel clan. Era per quest'uomo che Okonkwo ha lavorato per guadagnare le sue prime ingnami. Ha portato una pentola di vino di palma ed un gallo a Nwakobie. Due vicini anziani erano inviati per presentare una noce di cola ed un "pepe di alligatore" un salsa per la noce, che erano passato in tondo per tutto di vedere, e poi il pepe di alligatore e la noce di cola erano ritornati a lui. Preghiamo per la vita, i bambini, un buon raccolto e la felicità. Lei avrà ciò che è buono per te e io avrò ciò che è buono per me. Che il nibbio possa appollaiarsi e che l'aquila possa appollaiarsi e chi dice no all'altro, che gli rompono gli ali.
La presentazione di noce di cola è un privilegio riservato esclusivamente per gli uomini. Questo privilegio è negato alle donne per le ragioni culturali. Quando la noce di cola è presentata a un ospite, la noce di cola gira intorno finché finalmente ritorna all'ospite. L'anziano che assiste alla cerimonia alza la noce di cola e dice una preghiera agli antenati. Così, tali preghiere sono spesso dette in Igbo nelle riunioni cerimoniali. Gli dei degli antenati e tutti gli spiriti amichevoli sono insieme convocati e sono offerti la noce di cola. L'anziano richiede la buona salute per le buone persone, e la salute malferma per i loro nemici e la pace per tutti nel villaggio.

IL MATRIMONIO E LA FAMIGLIA IN IGBO (NIGERIA)

Il matrimonio nella terra di Igbo è una disposizione che permette degli individui (l'uomo/donna) di vivere insieme e cooperare in una vita metodica sociale. Un matrimonio nella terra di Igbo o qualunque paese africano va oltre l'unione sessuale. Il tipo di organizzazione di famiglia è la famiglia estesa, dove "uno è il custode del suo fratello". Questo consiste nel nucleo famigliare, il tipo occidentale di organizzazione di famiglia, (l'uomo, la moglie, ed i bambini), più i genitori della coppia, più i fratelli, e più le sorelle; i loro nonni ed i loro bisnonni. La famiglia estesa porta la forma di tre o quattro generazioni dei discendenti del nucleo famigliare.
La struttura di famiglia di Igbo allarga la gamma di rapporti consanguinei, o l'appartenenza dal sangue, e le relazioni di affinità, o l'appartenenza dal matrimonio. Il matrimonio è paternale. Uno deve prendere una moglie fuori della sua comunità di parentela. C'è molta enfasi collocata sulla compatibilità delle coppie e le posizioni sociali nella comunità di parentela. Nel matrimonio di Igbo più enfasi è collocata sulla combinazione che sull'amore nel matrimonio. C'è molta indagine per la malattia ereditaria, per la pazzia, e le sanzioni sono immessi sulle regole di incesto.

La ricchezza della sposa o Il prezzo della sposa è praticato nella terra di Igbo invece di una dote. Il prezzo di sposa è un simbolo di apprezzamento per la perdita di una figlia. Questo regalo simbolico è dato al padre della sposa o al parente più vicino e anziano della comunità della sposa, da parte di quello dello sposo. Non è un acquisto di una moglie, ma una parte di un contratto tra due coppie. Il prezzo di sposa gioca un ruolo sociale, legale ed economica molto importante nella tradizione Igbo. La ricchezza di sposa sigilla le due coppie e regola anche il tasso di casi di divorzio, se ci fosse. Il matrimonio si è solidificato con la nascita di un bambino, particolarmente un bambino maschio che farà nel futuro l'erede della terra. Il matrimonio tradizionale Igbo non è matrimonio romantico d'amore attraverso la bellezza della donna o dell'uomo. Le coppie stabilendo una famiglia per la procreazione. Le funzioni importanti sono delle riproduzioni, la cura di bambino, la socializzazione, il sostegno economico, il collocamento di responsabilità e stato collettivo.

Generalmente, il matrimonio è considerato un affare di famiglia e clan. Quando un ragazzo promette in matrimonio una ragazza, la questione non finisce lí. Le famiglie dei partiti contraenti intraprenderanno una serie di investigazioni del carattere, l'allenamento di casa, il lignaggio, la salute, il rapporto di clan. Dove tutti i requisiti sono soddisfacenti a entrambi i lati, l'approvazione è data facilmente per la continuazione di relazione di fidanzamento, ma se altrimenti, qualunque rapporto ulteriore tra i due ragazzi sarà scoraggiato. Il matrimonio tradizionale Igbo favorisce la poligamia (un uomo sposa molte mogli). Non c'è nessuna legge di ordinanza civile contro nessuno che prende più di una moglie (la bigamia) finché la persona può mantenerle. Tocca dire però che con l'impatto di cristianesimo sull'educazione di Igbo e con la burocrazia, la monogamia guadagna il consenso.


Il matrimonio è considerato un atto doveroso per ogni uomo o donna che raggiunge la maturità. L'età matura s'è evoluta nella nostra cultura (Ibo) come d'altronde in tutte le altre culture, cioè uno se lo fa quando si sente autonomo o in grado di affrontarlo – e chi si ritarda troppo a sposarsi viene spesso preso di mira dai parenti che pensando di dover dimostrare il loro amore o voler bene, ti esasperano con la domanda: “Ma quando ti sposi?”. Ed il più bel regalo che un figlio/a potesse fare alla sua mamma è quello di sposarsi con una brava/o donna o uomo. La fretta nel sposarsi era e forse anche oggi riservata soprattutto agli unici figli maschi, che avevano o hanno il compito di mantenere l'immortalità del cognome della famiglia – la discontinuità di un cognome è considerata una specie di maledizione per una famiglia. Sposarsi è considerato in qualche modo un affare di famiglia, quindi non è strano poterti sentire da un qualsiasi parente che ti dice: “Ho trovato o troverò una/o brava/o sposa/o per te”, tale frase naturalmente avviene di più dalla propria madre o proprio padre. Perciò non è considerato strano che un uomo potesse fare una proposta di matrimonio a una donna che non aveva mai conosciuta o vista nella sua vita, poiché presentata da un parente. E quello che nel passato si poteva considerare una vergogna per la famiglia – cioè di non sposarsi – è ormai quasi considerato normale con l'evoluzione culturale.
Fino a poco tempo fa, nella cultura Ibo non esisteva il periodo di fidanzamento prematrimoniale tra due sposi, ma potevano esistere delle promesse fatte all'età giovanile – spesso dai genitori. Nella cultura Ibo, è l'uomo che va a chiedere la mano della donna in matrimonio, e lo fa con i propri parenti verso i parenti della donna, dove gli promette di prendere cura della loro figlia. I parenti della donna, dopo aver ricevuto tale richiesta, prendono tempo necessario per poter parlare con l'interessata. Il matrimonio avrà luogo solo se la sposa dice di sì. Il suo Sì deve avvenire in un rito pubblico considerato “matrimonio tradizionale”, il più importante: in una festa grande svolta a casa della sposa, tra i parenti dei futuri sposi ed i loro invitati, il padre della sposa deve versare un po' del vino locale (Mmai ngwo) in un bicchiere, chiede alla figlia di prendere un sorso e di passare il bicchiere all'uomo che vuole come suo futuro sposo, questo rimane tutt'oggi il simbolo più significativo del matrimoniale tradizionale nella tribù Ibo. E se la donna, dopo aver preso un sorso, non passa il bicchiere al uomo, il matrimonio viene immediatamente annullato. Ancora di più, se la donna decide di passare il bicchiere ad un altro uomo presente, quello automaticamente diventa suo sposo se lui accetta il bicchiere con il vino.
Nella cultura Ibo, il matrimonio in chiesa o altri luoghi di culto è considerato complementare, e normalmente avviene dopo quello tradizionale.

In ogni caso il tradizionale prezzo di sposa (la dote) deve essere pagato. La donna moderna igbo preferisce il matrimonio di chiesa o quello civile perché danno enorme sicurezza. La moglie tradizionale potrebbe disertare il marito a volontà, se il marito è catturato a rubare nella comunità. Dovrebbe quindi rimborsare il prezzo di sposa a volontà. D'altro canto, se il marito cattura la moglie a rubare o nel adulterio, la moglie è divorziato e deve restituire il prezzo della sposa. In entrambi i casi, vi è una audizione pubblica di anziani del villaggio prima che qualsiasi principali decisioni vengono prese per una donna di lasciare i suoi figli e di suo marito.


LA NASCITA (Ibo, Nigeria)

La nascita di un figlio nelle culture nigeriane/africane è considerata un evento molto importante. La Nigeria non si sottrae dalla tradizione della “famiglia numerosa” attribuita agli africani. Anni fa, la ricchezza di ogni famiglia era bassata soprattutto sul numero di persone, oltre alla terra, alberi e capi di bestiame. E le ricerche di figli, specialmente quelli maschi, hanno portato molte famiglie alla costituzione della cosiddetta “poligamia”, ma era anche un simbolo di ricchezza. La variatissima multi-etnica Nigeria viene comunque suddivisa in 3 o 4 tribù principali: Ibo, Yoruba, Huasa, ecc. e l'evento della nascita è condizionato dalla cultura e tradizione di ogni tribù, nonché dalla religione d'appartenenza di ogni famiglia.
Nella tradizione Igbo, un figlio che nasce è benvenuto, qualunque sia l'origine: “Ebe nwa siri lo uwa ya hiri!” Molti anni fa – ma anche per molte persone oggi, la prima cosa che si faceva era quello di cercare di conoscere l'essere ch'è tornato per rivivere un'altra vita. Si andava dal sacerdote della comunità o la voce dei dei (spiriti) per chiedere chi fosse – nonostante l'introduzione della religione, molti ancora credono nella “reincarnazione”. E spesso l'accoglienza è ancora speciale quando si tratta di un parente – magari nonno/a – che ha deciso di tornare a fare “visita” a casa del figlio/a. Il giorno che la mamma torna dall'ospedale con il figlio, deve dare un po' di talco profumato ai bambini e alle donne che andranno a visitarli, il talco viene spalmato visibilmente sulla faccia. Ci sono poi diversi riti praticati prima che il nascituro sia “considerato” della società in tutti gli effetti: circoncisione, presentazione alla comunità, alla chiesa che avviene attraverso il battesimo, ecc. Oggi c'è chi lo fa e chi non lo fa, indipendentemente dalla credenza religiosa, livello sociale e la società in cui vive.


LA MORTE (Ibo, Nigeria)

Nella cultura Ibo, la morte non viene visto come un distruttore bensì come un mezzo di transizione per un'altra vita. Infatti, il più grande lascito che una persona possa lasciare a chi vuole molto bene è quello di prometterlo che tornerà per vivere un'altra vita a casa sua. Certamente, tutto questo è considerato normale quando si tratta di un anziano che magari ha vissuto una bella vita per tanti anni. Il popolo Igbo ci crede fortemente nel destino (akaraka) e quindi tende ad accettare le sorte anche quando a morire sia un giovane. Nel passato non molto lontano, naturalmente in assenza di autopsia, quando un giovane moriva (di una morte naturale o in un incidente), si doveva cercare di scoprire tramite i dei la causa della morte, perché si credeva che una tragedia del genere non poteva accadere per caso. Spesso tale tragedia veniva attribuita alla conseguenza della vita mal vissuta precedentemente, oppure a causa di qualche peccato abominevole commesso dai genitori contro i dei della terra.
I funerali sono molto importanti in quanto manifestano in qualche modo l'importanza della persona morto. Infatti, la preoccupazione più grande che un anziano possa avere è se abbia cresciuto i figli in grado di dargli dei funerali adeguati, sia per dimostrare ai vivi che ha raggiunto il successo durante la vita sia per comunicare agli antenati che non è stato un morto di fame e che abbia pagato i suoi debiti con i vivi. Le varie comunità locale in credito con la persona morta non si presentavano ai funerali se tale situazione non veniva regolarizzata.
Nel festeggiare una vita ben vissuta, si doveva mangiare, bere e ballare anche per diversi giorni. Ultimamente, era addirittura diventato troppo pesante per molte famiglie di basso redditto, e sia la chiesa sia le comunità hanno dovuto intervenire per rendere i funerali base più permettente per molte famiglie. E' considerato un pesante insulto dover sentirsi dire che i funerali di un parente non sono stati all'altezza.



“OHU” / GLI SCHIAVI DOMESTICI

Lo stato di "Ohu" ha provenuto nei primi periodi in Nigeria. La grande richiesta per i manovali sulle piantagioni Europee nelle Americhe ha condotto allo sviluppo di un'esportazione immensamente vantaggiosa di schiavi. Gli schiavi erano principalmente commerciati sulla costa del Fiume di Niger. Gli schiavi erano anche considerati come il subalterno al "Diala" in questa società, ma potrebbero sposare i figli di “Diala” (cittadini nati liberi). Questo era un tipo di schiavitù già stabilito in Africa. Era un servizio forzato entro il sistema statale o tribale africano. Gli uomini catturati nella guerra erano forzati in ciò che potrebbe essere chiamato "la schiavitù domestica," cioè loro diventano i servitori di quelli che gli ha catturato. Così anche certi fuori legge. Era un tipo di schiavitù che da tanto è esistito negli altri continenti. Nell'Africa, d'altra parte, un uomo che ha posseduto gli schiavi domestici avrebbe dovuto sorvegliarli. Potrebbero sposare la figlia del padrone ed ereditano la sua proprietà. Potrebbero diventare anche dei re o dei commercianti ricchi.

A volte il pagamento era fatto con le merci poiché il denaro non era un mezzo accettato di scambio. Forse stata la sola intrusione, il metodo di schiavo sarebbe stato abbandonato. Un qualunque Igbo ha semplicemente disprezzato gli schiavi e trattenere questo sistema avrebbe trascinato cristianesimo nella cattiva fama. la schiavitù di (l'Ohu/Oru) ha cominciato dai primi tempi secondo Genesi. Dagli antichi ebrei , uno si ricorda la storia di Noè e Ham. Un sistema di schiavo, se domestico o la piantagione, richiede nessuno sacrificio o nessuna dedicazione ai dei o le dee. La pratica era principalmente motivata dal bisogno di denaro.
"Le persone che impegnano loro stessi acquisiscono lo stato di un “Ohu” (lo schiavo) fino alla liberazione, ed i figli di quelli non liberati sono anche considerati come '0hu'.”
Oltre i motivi finanziari, molte persone erano portate nella schiavitù perché erano pigri e non potrebbero rendere molto aiuto alla comunità. I furfanti, gli uomini e donne testardi erano venduti nella schiavitù. Inoltre molti erano venduti nella schiavitù perché erano vittime di guerre tribali. Le guerre Inter-tribali erano spesso intraprese.
C'erano allora più di sei fonti di schiavi, cioè, i prigionieri di guerra Inter-tribali, i figli pigri, le vittime di macchinazione politica, gli stranieri non protetti o non guidati e vagabondi. C'erano altra causa come la povertà, la frustrazione di vittimizzazione e l'obbligo religioso.


Il concetto di "Osu".

Mentre la schiavitù domestica di "Ohu/Oru" è accordato uno stato più basso, il sistema di "Osu" trova la razionalizzazione nelle credenze religiose e dogmatiche del popolo Igbo. È tradizionalmente creduto che "Osu" potrebbe infettare il non-Osu da un'associazione ravvicinata. Molti studiosi hanno definito "Osu" come uno schiavo di culto, un sacrificio vivente, un'intoccabile, un culto del suo proprietario, uno schiavo della divinità, un essere sacro e santo. Tutte le definizioni sono accettate come sembrano di spiegare i valori esistenti e le norme della comunità di Igbo.

Un "Osu" è una persona che è sacrificata o è consacrata viva insieme ai suoi discendenti al servizio di un dio pagano. Ci sono due tipi di “Osu”: (1) Il pubblico e (2) il domestico. "L'osu" pubblico da assistenza al dio pubblico e "l'Osu" domestico da assistenza al dio protettore domestico.
C'erano stati delle distinzioni rigide dello status tra il "Diala", "Osu" ed "Ohu". "L'Osu" ed "Ume" hanno un significato implicito di stato simile agli intoccabili di India. Nello stato di "Diala", un individuo era usato per il sacrificio agli dei e le dee ed era perciò trasformato allo stato di "Osu" o "Ume". Nelle aree diverse di terra di Igbo, il sistema di "Osu" è chiamato dai nomi diversi. Comunque, una cosa che questi nomi hanno in comune è che quelli con questi nomi non sono consentiti a sposare uno nato libero, un "Diala" nell'area di Owerri. A Nzam in Onitsha un "Osu" è chiamato "l'Adu-Ebo"; questo è un miscuglio di lingua di Igbo ed Igala. Nell'area di Nsukka, "Osu" è chiamato "Oruma" (gli schiavi di Jujus). All'area di Awgu, "Osu" è chiamato "Nwani" o "Ohualusi".

Tempo fa ci sono stati dei tentativi per eradicare questa discriminazione ma non è stato così facile. Molte scuole di pensiero dicono che non si può legiferare uno stato di fratellanza. Molte indagini portate dagli Ufficiali di Distretto in Nigeria Meridionale, nel 1955, è venuto all'opinione che la promulgazione di leggi contro la casta di "Osu" non risolverà il problema e non c'è nessun limite di carcerazione che potrebbe spaventare il cosiddetto libero-nato (Diala).

Comunque, questo cancro pagano non era così rigido dalla metà del ventesimo secolo. Con gli atteggiamenti non discriminatori di entrambi gli Stati, quello Federale e quello autonomo, tutte le persone sono credute di essere creato uguale.
La comunità cristiana nella terra di Igbo ha una partecipazione nel problema di "Osu", le distinzioni di "Ume" ed "Aro". Durante l'Evangelizzazione cristiana, tutti, senza badare a se erano "Osu" o "Diala", erano battezzati ed erano incoraggiati a allontanarsi da dio fittizio a Dio reale.

Gli Igbo di Nigeria ha una partecipazione in questo cancro pagano. Unito stiamo in piedi. La situazione di risolvere il problema riguardante “Osu”, “Ume”, “Ohu”, ecc, ha bisogno di una soluzione urgente. La prima fase di evangelizzazione è passato. La chiesa è ora affrontata col cambiamento sociale e l'importanza di ritenzione di appartenenza senza rompere le usanze e le norme della comunità. La teoria del socialismo africano secondo Nyerere, Presidente di Tanzania, è quello di essere il custode del proprio fratello.



Rito di passaggio - “Ima akwa”

Una delle occasioni più importanti nella vita di ragazze e ragazzi della cultura Igbo è l'iniziazione alla vita adulta attraverso il rito di passaggio. Questo segna un'epoca nella vita di questi adulti. Si valuta lo stato fisico e morale, nonché i piani per il loro futuro. Entrambi i ragazzi e le ragazze passano attraverso il rito di indossare panni (Ima Akwa). Da “il non vestito” al “vestito” un segno di status sociale e trasformazione individuale.

Il rito di circoncisione, con cui un bambino è iniziato nella sua cultura, accade sull'ottavo giorno dopo la nascita, quando egli o ella è circonciso. Tradizionalmente, l'operazione era eseguita da un'ostetrica (il dottore nativo), ma dalla metà del ventesimo secolo, questa leggera operazione chirurgica è fatta principalmente dai medici per le ragioni igieniche. L'esperienza di ragazze di Igbo moderne prova che sono trascurati e sono risentito di circoncisione tradizionale.

Fra gli Igbo di Nigeria, per esempio, il taglio ha luogo subito dopo il bambino è nato. Le date di circoncisione di Igbo è conducibile all'Età di pietra quando le persone di Igbo muovevano da Egitto attraverso Sudan verso sud. È fondamentalmente un rito conservatore di passaggio.
Il terzo rito nella cultura di Igbo è "Iru-mgbede" (l'ingrassare di una ragazza prima del matrimonio). Le donne sono separate dalla famiglia usuali o dalla dimora. Questo mostra il cambiamento di uno stato della donna da un solo l'individuo vergine a qualcuno che deve tra breve affrontare il sesso morale, la gravidanza e di avere figli. Le canzoni durante il rituale trasportano la maturazione allo stato di donna. Il rito di cultura di passaggio di "Iru-mgbede" è solo per le donne. La cultura crede che un bambino fisicamente sano e pronto per affrontare la vita può essere nato da una madre fisicamente e moralmente sana e pronta per tale avvenimento. Quindi è molto geloso per le donne igbo a prendere precauzioni per la salute di donna e a proteggerlo prima del matrimonio. Il capo fra queste precauzioni è l'usanza di separazione per un mese prima del matrimonio. Questo è un tempo per preparare, rinfrescare, preparare intellettualmente, con emozione, fisicamente nella prontezza per lo stato di donna sposata.

Il quarto rito di passaggio è "Itu Anya" (l'iniziazione di uno più Divino). L'individuo passa attraverso molte fasi prima che è equipaggiato col potere, la conoscenza ed il coraggio per essere confermato col titolo di uno più Divino. "Itu Anya" introduce gli adolescenti al mondo di uomini e conferisce un potere addizionale o la capacità di comunicare con gli spiriti. Secondo questa dottrina che la persona iniziata vede lontano nel futuro. "L'iniziazione di "Itu Anya" dura otto giorni. Di solito è eseguito dai maschi adolescenti".

Il quinto è "Igba Mgba" (lotta). È sempre un privilegio nella comunità per uno di avere il coraggio per impegnarsi in una lotta contro un avversario. Uno diventa una stella, un guerriero, o un lottatore vincendo a un incontro di lotta. "L'Igbo crede che un uomo dovrebbe lottare tali aggressori, l'essere umano o spirituale, col massimo impegno. Nella terra di Igbo, un uomo è detto per essere uomo quando egli efficientemente ed efficacemente riesce a risolvere delle situazioni non facili".


FIGLIO DI QUATTRO MADRI E MEZZA

La poligamia in Igbo, Nigeria, Africa, e non solo....... una piccola nota sulla cultura diversa.

Quando penso ai numerosi problemi famigliari causati dall'infedeltà coniugale, inevitabilmente i miei pensieri si rivolgano a quelle culture dove avere più di una moglie è ancora legale. La mia immaginazione spesso sfugge al controllo dei miei pensieri per mettersi nei panni di quella donna che magari dicendo al marito “mi risulta che ti stai vedendo con un'altra donna”, e lui che le risponde: “Sì, e presto dividerete questo tetto insieme perché ho l'intenzione di sposarla.” Questo dialogo che può sembrare così incredulo in occidente è considerato tutt'oggi normale in diverse parti del mondo.
La poligamia nella cultura africana, e precisamente in quella Igbo, ha origine molto lontana, e quindi molto prima dell'arrivo dei primi missionari, e non è attribuibile a nessuna religione. Anzi, le religioni hanno dovuto sopportala per poter conviverci.
Nei primi tempi, la ricchezza di una famiglia Igbo si bassava esclusivamente sui figli, specialmente quelli maschi, oltre agli alberi, bestiami, terra, ecc.. Non solo perché dovevano combattere le guerre inter-etniche che spesso capitavano o perché dovevano lavorare nei campi per arricchire sia la famiglia sia l'intera comunità, ma anche perché avevano il compito di moltiplicare più possibile il cognome della loro famiglia, che doveva rimanere immortale. La discontinuità di un cognome nella cultura Igbo tutt'oggi è vista come una specie di maledizione – e chi te lo augura diventava automaticamente tuo nemico. La donna sposata prendeva subito il cognome del suo marito. Per queste ragioni s'erano viste, nel passato, numerose famiglie cosiddette “normali” (un marito e una moglie) che ebbero più di quattordici figli. Certo, si doveva anche fare i conti con l'altissima mortalità infantile che c'era, e chi era fortunato riusciva ad avere circa un terzo dei figli che sopravvivevano.
E poi c'erano questi uomini che per dimostrare il loro potere o la loro ricchezza sposavano più di una moglie, ma c'erano anche quelli che lo facevano, o perché non avevano avuto nessun figlio dalla prima moglie, o perché non aveva avuto figli maschi da lei. E tutto ciò era considerato normalissimo nella società affinché l'uomo era in grado di mantenere e trattare bene tutte quante. Tocca dire anche che molte donne si divorziavano dai loro mariti per i loro tradimenti, molte avrebbero preferito che venissero legalmente sposate e vivere con loro. Tutt'oggi non c'è nessuna legge che lo proibisce ma l'evoluzione culturale e la chiesa stanno facendo molto per eradicare o per lo meno a ridurre al minimo questo fenomeno.
Se mi permettete, vorrei raccontarvi la storiella di una famiglia poligama di allora per guidarvi in un viaggio trasversale che andrà a toccare la poligamia, la famiglia, la tradizione, ecc :

C'era una volta, un uomo, Dennis 1885-1995, che era l'unico figlio maschio dei suoi genitori viveva in una tribù chiamata Igbo ed aveva una sola sorella che si sposò.. Dennis aveva questa grande responsabilità addosso ed essendo l'unico figlio maschio a portare il suo cognome, il suo “compito” era diventato ancora maggiore, perché doveva sposarsi presto per non correre il rischio di morire prima. Comunque, ha dovuto fare le sue cose (i primi studi e lavoro) prima di sposarsi. Con la moglie aveva avuto numerosi figli ma molti di loro morirono, inclusi tutti i maschi, lasciandogli con una sola figlia. Era molto evidente le loro sofferenze e un giorno la moglie le disse che sarebbe meglio se lui potesse sposare altre mogli per cercare altri figli. E così aveva dovuto sposare altre quattro mogli, ma una di loro morì lasciando una figlia. Da questi ultimi matrimoni ebbe molti figli tra i quali numerosi maschi e femmine. La penultima moglie di Dennis, Clara, non aveva avuta solo l'onore di dare alla luce l'ultimo figlio tra tutti, ma anche quello di aver riportato il padre di Dennis a rivivere a casa di suo figlio. Infatti, questo ultimo figlio era il padre di Dennis reincarnato, in effetti questo bimbo assomigliava tantissimo al suo nonno: la pelle più chiara, lentiggini sulla faccia e i capelli rossi. Quando il Sommo sacerdote, senza vedere il bambino, aveva detto a Dennis che era suo padre, lui disse; “Sì, lo sapevo.” L'evento che aveva risolto le preoccupazioni di Dennis circa il perché suo padre, che aveva voluto così bene, non aveva voluto ancora fargli il regalo più bello: reincarnarsi a casa sua, dopo averlo già fatto a casa degli altri.
Questa grande famiglia aveva vissuto abbastanza felicemente con i suoi inevitabili problemini di gelosie tra le mogli e tra i figli con le altre mogli. Solitamente i figli della moglie prediletta del momento tendevano di godere più attenzione dal loro padre, eccetto l'ultimo figlio che aveva avuto un'eterna immunità e precedenza su tutti e su tutto. Certamente, Dennis lo trattava come se fosse suo padre, i suoi fratelli e sorelle lo trattavano come se fosse il loro nonno e tutte le mogli lo trattavano come se fosse il loro suocero. Dennis aveva due case che stavano insieme ma separate, una era per lui e i suoi figli e l'altra era per le sue mogli, un appartamento di due camere per ciascuna moglie. Ogni pasto sembrava un banchetto: ogni gruppo di figli della stessa madre portava quello che aveva cucinato la loro mamma e alla fine c'erano diversi piatti ad ogni pasto da cui scegliere, indipendentemente da chi l'aveva cucinato. Il capo famiglia, Dennis, mangiava separatamente con suo padre, l'ultimo figlio. Per il mangiare del capo famiglia, si faceva a turno tra le mogli ma sotto la supervisione della prima moglie che tutti chiamavano “Mamma” e la consideravano tale, perché era davvero amabile. Infatti, tutti i figli di Dennis non avevano saputo chi fossero le loro madri naturali fino a tarda età, perché ognuno credeva che sua madre naturale fosse stata la loro “Mamma”. E in tutta questa storia si sentiva sempre la presenza della moglie che non c'era più e tutti i figli la consideravano la loro mezza mamma, e così tutti avevano quattro madri e mezza. Oggi, Dennis riposa in pace perfetta assieme a tre delle sue mogli e qualche figlio. E quel ultimo figlio di Dennis, suo padre, il bambino con i capelli rossi, si chiamava, anzi si chiama tuttora Blessing Sunday Osuchukwu

Dedicato a tutta la mia famiglia, ci rincontreremmo tutti un giorno per non separarci più.

Blessing Sunday Osuchukwu



Costretto a sposare una sconosciuta

Una nota sulle tradizioni degli immigrati di tutti i tempi.

Visto che in questi giorni abbiamo cercato di trattare in qualche modo la formazione della famiglia (poligama), non comune in occidente, dal punto di vista della cultura e tradizione africane, ho pensato di concludere il tema, per adesso, con un'altra questione non meno importante che tocca molti immigrati da vicino. E' una questione che riguarda non solo gli immigrati provenienti da una specifica area geografica, bensì a tutti gli immigrati di ogni razza e provenienza: basterebbe ricordare quei film classici di tanti anni fa, ad esempio quello con Claudia Cardinalli e Alberto Sordi.
Sì, sto proprio parlando di sposarsi da immigrato. Come immigrato ti trovi in difficoltà quando arriva il tuo momento (o quello che considerano l'età giusta) per sposarti, per variatissimi motivi, o perché non sei ancora in condizione finanziaria che ti permette di farlo, o perché non hai ancora i documenti necessari per poter portare tua moglie dove vivi, oppure perché non riesci a trovare una donna (o un uomo per una donna) possibilmente dalla tua parte da sposare, nel paese in cui vivi. Certo, quelle che vedi arrivare recentemente dal tuo paese (se sei in Italia) sono state importate da qualche “affarista” e costano un occhio per liberarle. Oppure se trovi una cittadina del paese dove vivi, l'ambiente culturale tuo o suo non far sì che questa unione abbia un'autonomia o una serenità meritevole – da una parte - “non vedi che ti vuole sposare per interesse, per avere la cittadinanza?” e dall'altra parte - “non vedi che dopo aver avuta bambini da te, ti caccerà di casa?”. E quando sei originario di quella parte della terra dove il matrimonio (la famiglia) è quasi considerato come la culla della cultura, come l'Africa, diventa ancora molto complicato, perché sembra quasi che sei obbligato a tornare a casa per sposarti. Però, ci sono anche quelli che preferiscono rimandare e rimandare perché non hanno la minima intenzione di “importare” e sposare una persona che non hanno mai vista nella loro vita.
Per questa ragione, molti immigrati, specialmente quelli dai paesi in via di sviluppo, sono ormai costretti a sposarsi tardi. Da una parte, non vuoi offendere l'amatissima mamma o qualche altra parente che non ti fa più dormire ormai con i suoi incessanti messaggi: “Ma quando torni per sposarti, guarda che ti abbiamo trovata una bellissima e bravissima ragazza che non puoi rifiutare se la vedi.” E dall'altra, ci sono i cosiddetti amici o fratelli della famiglia allargata africana che ti stanno intorno a romperti i coglioni costantemente perché vogliono che tu facessi quello che hanno fatto loro o quello che vogliono fare. Esattamente uguale, sennò, diventi strano per loro. Cioè tu devi tornare a casa, la data del matrimonio è stata già fissata perché hai tempo limitato per starci, e poi ti verrà presentata questa ragazza – di solito – circa la metà della tua età, che ti sorride e poi si presenta come tua moglie. Certamente, non vorrai mica offendere tua zia, l'intermediaria, che non ti ha visto da 20 anni, e che avrà fatto un favore alla sua amica del mercato per averla fatto uno sconto, presentandoti la sua figlia. La sposi e poi incomincia l'odissea all'ambasciata Italiana (per chi vive in Italia) per ottenere il visto per lei, e se sei sfigato come un amico mio, dovrai aspettare fino a 4 anni o addirittura di più prima che riesci a rivederla qui. E poi ci sono quelli che raccontano balle alle persone lì per sentirsi grandi o realizzarti, ma anche se le dicessi la verità, intanto non ti crederebbero lo stesso, perché il motivo principale per averti sposato è perché tu vivi in Italia e quindi è quello di avere l'opportunità di venire a vivere in Europa. Per la sua famiglia è un eterno investimento, la risposta di Dio a tutte le loro preghiere che magari hanno sfigurate i loro ginocchi per anni, perché da quel momento sei diventato responsabile per mandare avanti tutta la sua famiglia e anche la tua. Da non escludere i problemi che si affrontano quando arriva qui, qualcuna ti dirà che non ci sta affatto con i lavori da badanti o da fabbrica (il massimo per le donne immigrate, se sei fortunata) e che vorrebbe poter praticare da avvocato come magari faceva in Africa. E quando le dici che quelli laureati qui non riescono ancora a praticare, e le dici che quelli che hanno costruito delle belle ville laggiù fanno i “vu-compra”, che tutti quelli come te che si fanno chiamare dottori con le loro lauree non fanno altro che lavapiatti o lava-auto, e che magari dovrete dividere l'appartamento con qualche altra coppia, ecc......... ecco che cominciano già i primi crisi perché questa non è la definizione dell'Europa che si conosce in Africa. Se non sei così furbo a metterla incinta mentre era ancora in Africa, come consigliano i magnifici fratelli della famiglia allargata africana, ci sarebbe oppure il rischio che ti lascia per un altro.
Comunque sia, ora sei “felicemente” sposato, hai fatto felice a molte persone, sei diventato un uomo di tradizione come si deve, e magari ti chiederà pure un giorno non molto lontano se la ami, i suoi fratelli e sorelle ti chiameranno dalla mattina alla sera per dirti che vogliono venire anche loro in Europa e naturalmente sarai tu lo sponsor, avrai cominciato a non rispondere più alle telefonate con i prefissi internazionali, ecc. Oh Dio, a me viene mal di testa solo a pensarci, ma non ci sarebbe una via d'uscita per chi non sia fatto per un'avventura del genere?

Blessing Sunday Osuchukwu


Sensualità, Romanticismo, Amore e Sessualità in Africa

Mi rendo conto delle complessità degli accenni che vorrei fare su quei titoli sopraindicati, cercando di ridurre ad una pagina del blog, argomenti che avrebbero bisogno di diversi libri. Primo, perché sono argomenti che ancora oggi vengono trattati con troppa riservatezza, per le varie culture che lo considerano ancora un tabù, secondo, e forse proprio per questo, i nostri grandi storici in Africa non ci hanno lasciati molti documenti ufficiali (“nero su bianco”) al riguardo. Naturalmente, si parla di qualche anno fa e quando si parla di Africa in questo senso si intende maggiormente quelle parti rurali che conservano ancora di più le culture e le tradizioni, rendendosi conto che alcune città africane sono ormai “occidentalizzate” quanto qui, con le numerose soap-opera. Devo dire che questo è uno di quegli argomenti che sono in qualche modo condizionati dalle diverse religioni e le numerose etnie che ci sono, e quindi mi limiterei a parlare della cultura Igbo in Nigeria – consapevole anche della somiglianza che ha con altre culture di altri popoli africani. Il popolo igbo di oggi può essere considerato di religione cristiana, eccetto una piccola percentuale che pratica la religione ebraica e la religione animista. Le sue società, o meglio le sue comunità, hanno sempre avute la massima tollerabilità a ciò che possa sembrare diverso per quanto riguarda la fede finché non rappresenta una minaccia per i suoi cittadini, e quindi si può dire che le sue comunità sono sempre state laiche e i suoi cittadini liberissimi di scegliere la loro fede. Oggi, tocca dire però che la politica della chiesa sta in qualche modo obbligando gli abitanti dei villaggi a convertirsi pur per avere certi privilegi, ad esempio, un funerale decente dopo la morte – era diventato troppo costoso.

Sensualità e Romanticismo


Nell'epoca non troppo lontano, la sensualità di un uomo, dal punto di vista della donna ma anche della comunità intera, era misurata sulla sua capacità di provvedere per il sostentamento o il mantenimento di una donna o della propria famiglia. Era praticamente basata sulla forza fisica, cioè l'agilità e l'abilità di fare alcune cose principali di quell'epoca: coltivare la terra; cacciare gli animali o pescare, essere forte nella lotta tradizionale (lotta greco-romana); essere un abile guerriero. L'uomo che sapeva fare bene uno o più di queste cose aveva le donne cadere in ginocchio dinanzi a lui, infatti la più grande promessa che un uomo potesse fare alla famiglia della sua futura sposa per chiedere la sua mano è quello “di non farla morire di fame”. Quando un coltivatore di terra corteggiava una donna, si prestava a lavorare nei campi della famiglia della donna per dimostrarle le sue capacità, un cacciatore cercava di regalare più prede possibili, un lottatore invitava la donna ad assistere alle sue competizioni contro le altre comunità, ecc. E la sensualità stava nell'orgoglio con il quale si facevano queste cose davanti alla “propria” donna o dove l'uomo voleva farsi notare. La donna corteggiata veniva invidiata dalle altre donne e gli altri corteggiatori della stessa donna si vedevano svanire nel nulla.
La donna, invece, cercava di conquistare l'uomo con l'arma più accreditata in quei tempi, e forse anche oggi, cioè la cucina. Saper cucinare era la prima qualità che tutti gli uomini cercavano in una donna. Le altre qualità della donna per non avere rivali per conquistare il suo uomo erano: avere la sufficiente “carne” e le curve dove servivano – soprattutto nel sedere; curare i propri capelli con delle belle treccine, poi essere umile alla sua famiglia; essere figlia di una donna che ha avuta tanti figli e essere figlia di un uomo per bene.
Tutto questo poteva avvenire sia per un uomo sia per una donna dopo il rito di “Ima akwa” (vestire), cioè il rito di passaggio da adolescenza alla maturità (vedere le tradizioni degli Igbo nell'archivio del blog).
I posti più romantici per i corteggiamenti erano: il fiume, i maschi aspettavano le donne (solitamente in gruppo) che andavano per attingere l'acqua, per poterle parlare, dedicare una canzone o fare le loro dichiarazione di “piacimento”. Un altro posto romantico è sotto l'albero di “Udara”: Udara è una frutta molto dolce e l'albero che lo produce non appartiene a nessuno ma all'intera comunità, e poi non si poteva raccogliere questa frutta dall'albero, cadeva quando maturava e veniva raccolta da chi lo vedeva per primo. Con la luna piena si radunava alla piazza dopo la cena in gruppi per raccontarsi le fiabe, ragazzi e ragazze insieme, e poi nell'alba si organizzava per andare a cercare “l'udara”, ci si godeva al massimo essendo una delle pochissime volte che si poteva vivere la notte per la mancanza di elettricità. E lì potevano avvenire anche dei contatti fisici.
Oggi, nella terra di Igbo, non è più comune ormai il rito di “Ima akwa” e la maturità per quanto riguarda l'argomento in questione si attribuisce al momento in cui una persona si iscrive alla scuola superiore o incomincia a fare l'apprendistato per qualche mestiere. Ed entrambi gli ambienti sono ormai fertili per avvicinare una persona alla cultura evoluta di oggi che assomiglia sempre di più a quella occidentale che conosciamo: scrivere una lettera d'amore; dedicare una canzone o una poesia; fare qualche regalo; vestirsi alla moda; curarsi il proprio corpo, ecc.

Amore e Sessualità

In quell'epoca, il sposarsi era una specie di accordo condivisa per poter procreare dei figli e quindi non per amore, e il sesso non era vissuta come piacere ma come un indispensabile mezzo. E l'insistenza di una persona verso un'altra persona specifica era semplicemente visto come l'effetto delle qualità dell'altra persona su di lui o su di lei. Il termine “amore” non si poteva definire e non trovava una spiegazione logica nella società. Si sapeva che esistesse e che è molto forte e misterioso, ma non poteva occupare la giusta considerazione che meritava, anzi veniva addirittura considerato come una forza negativa. Cioè, quando un brutto cercava una molto bella, quando un poverissimo cercava uno molto ricco o quando un semplice cittadino di poca importanza cercava una di sangue reale, il protagonista veniva considerato come troppo ambizioso o troppo avida. Ma quando capitava il contrario, si pensava ad un'anomalia, o dovuta alla malattia mentale o dovuta alle forze esterne che agiscono sul protagonista. Alcuni di questi ultimi protagonisti s'erano suicidati quando furono rifiutati di vivere le loro storie, episodi che successivamente hanno aiutato molte persone a capire il significato del termine “amore”.
Il sesso, essendo considerato un mezzo per generare figli, si faceva solo quando serviva e con una massima riservatezza. Si deve sapere che tutt'oggi in molti villaggi africani gli abitanti non si sposano tra di loro, perché si considerano figli dello stesso padre e o della stessa madre o più madri - forse è l'origine della famiglia allargata africana. E quindi si andava fuori sia per sposare sia per quello che si potevano definire delle avventure sessuali, e non si parlava mai in famiglia. E quando, rarissimamente, capitava fuori del matrimonio o dal concetto di procreare dei figli, veniva visto come un atto naturale che simboleggia l'unione tra due persone e non come fonte di piaceri. Ma c'era però un fenomeno che aiutò molto a suscitare tanta curiosità su questi argomenti, l'adulterio, che si pensò, o si faceva perché uno desiderava tanto l'altro (amore) o perché aveva un semplice bisogno di accoppiarsi (sesso).
I preliminari ( eros) erano assenti e direi non tanto presenti oggi tra alcuni africani, come lamentano spesso alcune donne occidentali che hanno avuti uomini africani. Alcuni dicono che sia proprio per questo modo culturale di vedere l'amore e il sesso, alcuni altri dicono che forse è dovuto al fatto che gli organi sessuali di cui sono abituati(il clitoride e le labbra per una donna) vengono mutilati, non solo per ragioni culturali o religiose, bensì per limitare al minimo l'eccitamento sessuale che possa avere la donna. E tutto questo far sì che non si pensa ad eccitare tropo la donna (preliminari) prima di avere un rapporto sessuale. Per fortuna, molte altre donne occidentali lo pensano in un altro modo.
Oggi, il sesso in Africa è quello che ormai si sa, è diventato molto dilagante tra i giovani e spesso, purtroppo, senza l'educazione adeguata con le conseguenze che si sanno.

Da continuare.......................

Blessing Sunday Osuchukwu


La Magia nera, "Juju", in Igbo, Nigeria e Africa

Amici, nei miei tentativi di fare un po' di luce su quei argomenti che solitamente sembrano curiosi e misteriosi sulle culture e tradizioni africane, oggi cerco di trattare un tema assai complicato per la sua natura. Oggi, quando si parla della magia in occidente si pensa a un gioco di prestigio, cioè l'abilità di un personaggio dello spettacolo di far sembrare magico o misterioso un semplice gioco eseguito con tanta abilità e trucco, oppure quelli che cercano di indovinare il passato, presente o futuro di una persona attraverso le carte. E quando ogni tanto si sente parlare di persone che praticano le cosiddette “messe sataniche”, non vengono mai collegati al tentativo dei soggetti interessati di acquisire dei poteri supremi, bensì per una semplice voglia di culto o addirittura di moda diversa.
In Africa invece la parola magia tutt'oggi rimane potente e misteriosa nel suo modo di agire, sembra aggiornarsi sempre e andare di pari passo con la modernità. Naturalmente, c'è chi ci crede di più e chi di meno, ma tocca dire che è un fenomeno riconosciuto dalle diverse credenze, e la sua esistenza è sempre stata minacciosa per molte persone. Cerco di spiegare l'origine di quello che si può chiamare “ magia” oggi dal punto di vista africano; In antichità, ogni comunità africana (almeno quella sub sahariana) aveva un tempio che rappresentava un punto di riferimento per la presenza degli dei della comunità e dei cieli, e il sommo sacerdote che se lo occupava, era solitamente scelto dagli dei stessi o in rari casi dalla comunità. Il sommo sacerdote, con i poteri conferitogli, poteva comunicare con questi spiriti ogni volta che una persona o l'intera comunità voleva sapere qualche mistero, e dall'altra parte, gli spiriti comunicavano alla comunità attraverso il sommo sacerdote. Ad esempio, ci si chiedeva in anticipo per l'esito di un'eventuale guerra contro un'altra comunità, si chiedeva perché uno aveva una misteriosa malattia, perché una morte accidentale, perché una raccolta povera, perché una persona non poteva avere dei figli, ecc. E le risposte prontamente arrivavano e sempre con delle soluzioni, spesso attraverso dei rituali, per risolvere i casi ancora in corso o per placare gli dei affinché non facciano altri mali a chi aveva sbagliato. E si facevano dei sacrifici sia per ringraziare per le grazie ricevute sia per chiedere quelle nuove. Funzionava tutto bene e tutti ci credevano, era così naturale, forse anche perché non c'erano delle alternative. Sono questi poteri quel valore aggiunto che avevano anche i “guaritori tradizionali” (maghi o dottori nativi) che, oltre a conoscere le erbe e altre cose per curare le malattie, avevano anche dei “poteri magici” per guarire o sistemare dei casi che erano considerati misteriosi e anormali, ad esempio, i malati di mente o gli impossessati.
Purtroppo, qualche sacerdote, avendo sempre questi poteri, si rivolgeva anche agli dei del male per ottenere dei poteri per fare del male alle cose e o alle persone, dietro le richieste di altre persone, e la parte diabolica di questi poteri negativi vengono classificati come la “magia nera” o “Juju”.
Dunque, la magia nera è comunemente definita come l'azione del “mago nero” che cerca di sottomettere le entità spirituali di carattere demoniaco al proprio volere (al contrario della magia bianca che opera in armonia con gli spiriti del macro e del microcosmo). Più precisamente è un'espressione della hýbris greca, ovvero della volontà di ottenere conoscenze e potere superiori a quelli permessi al proprio livello di sviluppo, attraverso una prevaricazione delle leggi dell'armonia universale. Praticamente, cerca un accordo con quegli ambiti spirituali identificati proprio con le potenze dell'opposizione Asuras, Satana, Lucifero (vale a dire le schiere demoniache) che, in cambio di alcuni atti specifici, gli forniscono quanto richiede, spesso di fare danno a cose, animali o persone. Per ottenere questo fa molto spesso uso di rituali e messe sataniche. La magia nera ha anche il semplice obbiettivo di cercare di acquisire il potere supremo.
La magia nera può essere utilizzato per danneggiare o ferire un'altra persona attraverso lo svolgimento di determinati atti anche da un luogo lontano - l'effetto di questa tecnica può essere vissuto migliaia di chilometri di distanza. La magia nera mette un blocco sulla saggezza e sull'intelligenza della persona e tutti gli sforzi per risolvere il problema vanno infruttuoso. E chi lo chiede, oltre a fare certi rituali, deve anche rispettare certe regole per farlo funzionare meglio, e chi non lo fa viene sempre punito dall'incantesimo stesso.

In Nigeria e in altri paesi africani, qualche anno fa, si diceva che il “Juju” o la magia nera era considerata molto potente e presente. Alcune persone si rivolgevano ai maghi per ottenere “Juju buono” per la loro protezione contro i “Juju cattivi”; per conquistare un uomo o una donna; per fortificare i rapporti già esistenti; ecc. Mentre, c'erano anche quelli che andavano per chiedere che i loro nemici o semplici rivali vengono resi miserabili, pazzi, poveri o addirittura morti attraverso attacchi spirituali, spesso a causa di un'ordinaria gelosia o vendetta. I rapinatori andavano per chiedere che i loro corpi fossero fortificati contro i proiettili o arresti – i proiettili non potevano entrare nel loro corpo e diventano invisibili al momento di cattura. Altri fenomeni che s'erano verificati e che tutt'oggi sembrano di esistere sono: a) Il cosiddetto "denaro di sangue": alcune persone, si diceva e credeva, potrebbero sacrificare loro mogli, i loro bambini o altri parenti solo per fare il denaro. Queste persone erano uccise ed il loro sangue convertito nel denaro. Il denaro, si dice, continua ad arrivare finché la persona continua a eseguire il sacrificio umano. E' stato comunque un fenomeno spesso usato con abuso in quanto alcune persone ricche che si accusavano di questo fatto, s'erano rivelati rapinatori, trafficanti di droga o truffatori, oppure semplici imprenditori puliti che non volevano rivelare i loro affari agli altri. b) Un'altra forma di Juju è la stregoneria che è creduta di essere il minimo rango in termini di poteri di Juju. Con Juju, non si attacca la persona fisicamente e quindi impunibile con la legge.
Il scetticismo attorno alla sua vera esistenza è spesso smorzato dalle continue testimonianze, si dice, che continuano a venire fuori dai protagonisti di questi attacchi. Alcuni lo confessano poco prima di morire, alcuni invece si pentono prima e revocano l'incantesimo per liberare la loro vittima, ovviamente, ogni mago sa come revocare il suo “Juju”, e i maghi più potenti possono revocare quelli degli altri. E oggi, molte chiese evangeliche che esistono lì sembrano di specializzarsi in combattere questi fenomeni.

Blessing Sunday Osuchukwu


Il rito de “il mangiare” in Igbo – in Africa.

Il mangiare nella cultura Igbo, e in questo caso potrei anche osare a dire nella cultura africana, è molto importante e significativo, è il momento in cui tutta la famiglia si unisce, o meglio, dovrebbe unirsi. In effetti, non c'è un'esagerata attesa per chi si ritarda, dopotutto, ci deve essere sempre una certa quantità nella pentola appositamente aggiunto, sia per un'eventuale membro della famiglia che non c'è al momento del pasto sia per un estraneo che potrebbe arrivare in qualsiasi momento senza un invito. Quando si tratta del mangiare, la porta è sempre aperta a tutti, o quasi sempre, considerando l'austerità degli ultimi tempi. Comunque, rimane il simbolo di dare il benvenuto ad un'ospite: infatti, dopo il cordiale saluto “sei il benvenuto a casa mia” e il successivo invito ad accomodarsi in una sedia, non è affatto strano sentirsi chiedere se volesse mangiare o bere qualcosa, prima di chiedere il perché della visita – s'è necessario. Se si tratta di persone anziane, tale rito comincerebbe con la “noce di cola”, che tutt'oggi rimane in Igbo il segno di dare e di accettare il benvenuto. Chi non offre niente senza dare una giustificazione adeguata dà il segno di non gradire tale visita, e dall'altra parte chi lo rifiuta nello stesso modo dà il segno di aver fatto una visita non pacifica. Una donna si sente onorata, nel villaggio, quando una persona o un gruppo di ragazzi le chiedono se ha preparato qualcosa da mangiare. Quando arriva l'ora di mangiare, non è gradevole chiedere chi si trova a casa tua se vuole mangiare o no, la sua presenza automaticamente vuol dire aggiungere un altro posto a tavola, una domanda del genere spesso ottiene un “no” come risposta, un “no” spesso forzato. Nei villaggi africani è normale vedere il capo famiglia mangiare separatamente mentre il resto della famiglia mangia insieme, diciamo che sia una specie di rivendicazione del ruolo o della posizione da parte sua, nonché il rispetto dovuto come “la fonte” di quel cibo. Infatti, tradizionalmente, in molti casi, la moglie chiede al marito cosa vuole mangiare per ogni dato pasto e la sua scelta diventa il menu di tutta la famiglia.
In Africa, si mangiano delle cose fresche, dovuto al fatto che ogni famiglia ha un orto vicino casa da dove provengono le verdure e le frutte, ma è dovuto anche al fatto che in molte parti non ci siano elettricità e lì dove c'è, spesso manca la luce. E quindi non c'è mezzo per conservare le cose fresche se non quello di seccarle.
Tra i variatissimi cibi che si trovano in Africa, in Igbo e in Nigeria, il cibo considerato classico per cerimonie e feste ufficiali ( matrimonio, compleanno, ecc.) è il riso: ci sono diversi modi per prepararlo (vedere la Cucina Nigeriana e Africana nell'archivio), ma i tre modi principali sono “il Jellouf, riso fritto e riso in bianco con il sugo aparte. Poi, c'è il piatto considerato tradizionale, cioè “fufu”, che consiste nel preparare una specie di polenta con la farina di manioca o “igname” (in Italia con farina di semola o puree di patata) da una parte e zuppa per mangiarlo. Tradizionalmente, questo cibo necessita di mangiarlo a mani nude, anche se nella mensa di scuola media-superiore ci si obbliga di usare le posate. Un professore italiano che aveva insegnato in una delle università in Igbo mi disse: “Oh, quando ho visto gli altri professori e tutti gli studenti mangiarlo con le mani nude, anche io mi sono lavato le mani e devo dire che è stata un'esperienza squisita.”
Molti dei piatti sono unici, eccetto in casi rari. Ed in alcuni casi, i membri di una famiglia o un gruppo di amici possono mangiare dallo stesso piatto, e in quei casi il “secondo” che si troverebbe nel piatto si dividerebbe a occhio. In cerimonie grandi, il secondo (pesce o carne, o entrambi) viene separato e messo da parte, e poi diviso dopo il pasto. In Igbo, il secondo più prezioso che si potra mai utilizzare per il “fufu” è lo stoccafisso. Durante la guerra civile (tra Biafra – gli Igbo e Nigeria) durata tre anni, gli aiuti che si potevano mandare al popolo Igbo furono, appunto, le cose stagionate o a lunga conservazione, e lo stoccafisso che veniva dai paesi scandinavi rimane tutt'oggi il pesce e il secondo più prezioso che si possa offrire ad un Igbo.
La colazione è considerato il pasto più importante e in certi casi è abbondante quanto il pranzo. Si dice “non ho neanche fatto la colazione” per indicare o che uno è tanto affamato o per indicare che si è troppo impegnato. Si prega spesso prima di mangiare e tale compito è affidato ai figli più giovani, altro modo per educarli a praticare tale osservanza. Le donne si occupano della cucina e l'uomo che sa cucinare bene è considerato difettoso: si ossa a dire che “non si sposerà mai”. Chi è già sposato e si trova a cucinare forse vuole indicare che non gradisce quello che cucina la moglie, è un indicatore per la moglie.
In incontri sociali più importanti gli anziani, prima di bere o mangiare, pregano a modo loro: ringraziando gli antenati e invitandoli a mangiare insieme a loro, qualche goccio di bevanda e sbriciolo di cibo vengono offerti a loro, lanciati per terra.

Da continuare.........(scusatemi per aver allungato un po')

Blessing Sunday Osuchukwu


Le Biblioteche viventi in Africa


In molte parti rurali del continente africano, non esistono ancora dei libri o documenti validi (nero su bianco) che raccolgono e custodiscono le storie ed altre informazioni importanti che riguardano questi posti. E quindi non esistono, ad esempio, dei libri o delle biblioteche che possano servire a chiunque voglia informarsi sulle origine, cultura e tradizione di un particolare posto del suo interesse. Certamente, ogni genitore cerca, a modo suo, di trasmettere ai propri figli questi valori indispensabili per l'identità di un individuo, dandoli anche delle informazioni e racconti che, a loro volta, dovranno inoltrare alle generazioni successive – una tradizione che comunque esiste in ogni popolo. Ma in Africa, in queste località rurali, esistono anche la così detta “comitiva degli anziani” che di solito fanno parte del consiglio del re, lì dove c'è un re – diciamo che siano una specie di parlamento di ogni comunità: hanno diversi compiti, tra le quali, quello di cercare di risolvere eventuali problemi o conflitti tra le parti (spesso litigi legati al terreno, altre proprietà e crimini contro gli altri e contro la “terra”. Loro sono molto rispettati in quanto rappresentano i “dei visibili”: ad una certa età un anziano rispettabile in Africa è considerato sacro e le parole che escono dalla sua bocca sono anche esse considerate tali e, in tale fase, si crede che ogni sua benedizione o maledizione andrà a verificarsi nei confronti del ben o mal capitato.
E tra queste persone, esistono poi alcune che sono considerate le più complete, in grado di raccontare non solo la storia di ogni singola famiglia del proprio villaggio o comunità, ma anche quelle delle altre. Sanno indicare i confini tra un terreno all'altro; sono in grado di raccontarti la storia di ogni albero nel villaggio; eventuali segreti che non vanno rivelati agli altri villaggi; ecc. Praticamente esse sono quello che si può chiamare la letteratura umane di questi posti che, sommati insieme, formano poi quello che si conosce come una nazione. Oggi, alcuni di questi posti si sono mobilizzati per cercare di trascrivere questi racconti sulla carta, avendo perso molte di queste biblioteche viventi che ormai non torneranno mai più con la loro sapienza e i loro segreti....

Blessing Sunday Osuchukwu


In Kenya e Tanzania, esiste un popolo chiamato Masai...

(L'adamu, una danza masai)

(Donna masai)

I Masai (o Maasai) sono un popolo nilotico che vive sugli altopiani intorno al confine fra Kenya e Tanzania. Considerati spesso nomadi o semi-nomadi, sono in realtà tradizionalmente allevatori transumanti, e oggi spesso addirittura stanziali (soprattutto in Kenya). La transizione a uno stile di vita stanziale si accompagna a quella dall'allevamento all'agricoltura come fonte primaria di sostentamento; questa trasformazione è evidente nei clan masai kenioti come Kaputiei, Matapato e Kikunyuki, e in Tanzania presso gli Arusha.

I masai parlano il "maa", da cui il nome dell’etnia che è da loro pronunciato "maasai". La lingua appartiene al gruppo delle lingue nilo-sahariane ed è dello stesso ramo delle lingue di popoli nilotici quali i pokot, i dinka ed i nuer. I masai sono il popolo nilotico che, in Africa, vive più a meridione. È difficile dire quanti siano i maasai, visto che non esistono censimenti accurati ne' in Tanzania ne' in Kenya. La tendenza dei censimenti nei due paesi è quella di esagerare il numero di persone appartenenti all’etnia. Da una parte, non tutti gli abitanti dei territori ancestrali dei maasai appartengono a questa etnia; dall’altra, non è semplice censire tutti i maasai vista la tradizione di abitare non in villaggi, ma in case mono o multi-famigliari isolate e distanti tra loro. Francis Mol, il più grande esperto di lingua e cultura maasai, pone la popolazione totale a non più di 600.000 unità, equamente distribuite tra i due paesi dell’Africa orientale che li ospitano.
I masai usano che la loro origine ebbe luogo quando il progenitore di tutti i masai Mamasinta – risalì il gran burrone. Il riferimento geografico calza bene con la serie di ripide scarpate che separano il deserto del Turkana nel nord del Kenya dagli altipiani centrali del paese. Da vari indizi linguistici, della tradizione orale, ma anche archeologici, si sa che i masai hanno iniziato la loro migrazione verso sud dalla valle del Nilo verso il XVI secolo.
I masai sono tradizionalmente pastori, e la loro cultura gravita attorno la cura del bestiame. Ci sono prove certe di un periodo agricolo prima dell’arrivo nelle aree che occupano odiernamente, e la tendenza verso l’agricoltura e la sedentarizzazione è sempre più spinta a causa dei pascoli sempre più limitati e dal bisogno di denaro contante che ha sostituito il sistema di baratto della società pre-coloniale. I masai hanno una struttura patriarcale, e gli anziani hanno potere decisivo quasi assoluto per quanto riguarda gli affari comunitari. Il consiglio degli anziani è anche chiamato a dare giudizi legali qualora due o più contendenti non siano d’accordo su come applicare le leggi orali.
I masai sono monoteisti e credono in Enkai, Dio che si rivela con colori diversi a seconda dell’umore. Dio è nero (narok) quando bonario, rosso (nanyokie) quando irritato. La vera natura di Dio è difficile da capire, ma si sa che Dio è soprattutto parnumin, il Dio di tanti colori, e cioè una realtà complessa. La maggioranza dei masai è oggi cristiana, o vicina al cristianesimo.
Mentre nel passato le abitazioni erano fatte per resistere poco tempo, negli ultimi due secoli i masai hanno danno vita ad una casa (enkang) abbastanza standardizzata. L’enkang tradizionale prevede un recinto spinoso all’esterno per proteggersi dagli animali selvatici, e un recinto spinoso all’intreno per mettere il bestiame alla sera.

(Wikipedia)


In Sud Africa, Il controverso rito del controllo dell’illibatezza: Esame di Verginità


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LA VERGINITÀ CONVIENE

Perché allora si presentano a migliaia al rito del controllo della verginità, se non sono costrette a farlo?
In genere sono le famiglie a spingerle: «Partecipare al rituale della hlola - spiega una donna che ha portato a far esaminare la figlia dodicenne - significa non avere nulla di cui vergognarsi e provare di essere fedeli alla tradizione, ma soprattutto dimostrare pubblicamente il proprio valore». Alla fine della cerimonia infatti, le ragazze possono ritirare un certificato che attesta la propria “verginità”.
Questo certificato è prezioso per il matrimonio, poiché viene fatto valere al momento della contrattazione della dote. È ovvio che l’aspirante sposo sarà tenuto a presentarsi con un numero maggiore di vacche, se vorrà aggiudicarsi una moglie vergine. In Sudafrica, paese dilaniato dall’Aids, dove l’11% degli abitanti sono sieropositivi, la verginità è tornata ad essere un valore prezioso. Da certificare e monetizzare, con l’ausilio del rituale della hlola.

USANZE PERICOLOSE
Le parlamentari dell’ANC condannano anche la recente usanza di aprire le porte della cerimonia agli spettatori di sesso maschile che - si legge nel documento - rende il rituale ancor più “umiliante”, “degradante”, addirittura “traumatizzante”. >> ......

di Marco Trovato (Missionari d'Africa - Padri bianchi)

PS: alcune parti dell'articolo tagliate per accorciarlo


Natale in Igbo, Nigeria, Africa...........(1° parte)



In Igbo – Nigeria – Africa, il Natale, come d'altronde in quasi tutte le parti del mondo, è ormai diventato la festa più importante o più celebrato dell'anno, sia per i cristiani, sia per i non cristiani. In Africa, è sicuramente la festa meglio celebrato “in famiglia”, nel luogo di nascita, e meglio ancora s'è nei villaggi. In questo periodo, gli Igbo, che sono emigrati nelle altre città della Nigeria, del continente e del mondo, sono attesi dalle loro diverse famiglie, e ritornare a casa per festeggiare il Natale rimane uno dei regali più importanti che si possa fare ai propri genitori e agli altri parenti a casa. Chi non si fa vedere per tutto l'anno è automaticamente condonato da tutti se al Natale riuscisse a farsi vivo.
Il clima è quello del “harmattan”, una specie del nostro “inverno”: la temperatura oscilla tra 20°C e 33°C , l'aria è fresca e asciutta (si può mettere la felpa), e non piove quasi mai in quel periodo di stagione secca. L'albero di Natale è solitamente situato all'inizio della stradina che conduce ad ogni casa, formando una specie di arco: fatto da due rami dell'albero di palma, le foglie sono raccolte a forma di treccine e poi decorato con un fiore particolare della stagione.
L'atmosfera è molto vivace e gioiosa, si rincontrano delle persone che non si vedevano da tanto tempo, si va da casa a casa per salutare gli anziani e a portagli dei regali. Non esiste una propria tradizione dello scambio dei regali tra amici e parenti, ma i genitori hanno il compito di fare dei regali ai più piccoli della famiglia: consiste solitamente in nuovo abito, scarpe, orologio e capellino.
Poi, i figli che stanno meglio economicamente fanno i regali agli altri membri della famiglia.
Il giorno di Natale inizia con la solita lunghissima messa celebrata nella chiesa della comunità per i più credenti – molti vanno solo per farsi vedere con i nuovi vestiti che vanno messi per la prima volta in quel giorno - mentre gli altri restanno a casa per cominciare a preparare per il pranzo di Natale: c'è chi macella il pollame, chi la capretta e chi la muca, molti dei quali sono stati allevati in famiglia da tempo. Insomma, qui si fa come si dice da noi: “Tagliarsi la giacca secondo la propria misura”. Il piatto tipico per il pranzo è il riso: in bianco accompagnato con il sugo fritto, uno dei simboli è quando si sente il classico rumore delle cipolle che vengono immerse nell'olio bollente e vedere il fumo che esce dalla cucina di ogni casa. Si mangia e si beve tanto, cercando di onorare degli inviti dalle case intorno e come al solito è vietato dire “ho già mangiato”.................

Blessing Sunday Osuchukwu



Natale in Igbo, Nigeria, Africa...........(2° parte)


Ovviamente, anche il nostro Natale inizia dalla vigilia, ma in maniera un po' diversa: oltre alla “messa di mezzanotte”, l'associazione giovanile del villaggio solitamente va da casa a casa cantando il canto di Natale e in ritorno riceve diverse donazioni da ogni famiglia, soprattutto in denari, che saranno poi utilizzati per i progetti dell'intero villaggio. Il periodo natalizio è considerato il classico per cercare dei fondi sia da parte della chiesa di ogni comunità (un insieme di un certo numero di villaggi), sia dalle diverse organizzazioni che ci sono, ma sempre per le opere di utilità pubblica: scuola, strade, chiesa, acqua, ecc. Il “bazar” - una vendita di beneficenza – viene organizzata dalla comunità, di solito il 26 dicembre: consiste nel vendere all'asta, ai più benestanti, degli oggetti vari donati dalle persone di buona volontà. In quel giorno viene anche organizzato vari tipi di giochi ed altre attività di divertimento per i bambini.
E' indubbiamente anche il momento dell'anno più dedicato ai numerosi festival e alla socializzazione interpersonali, tra i villaggi e tra le comunità, attraverso balli tradizionali e incontri sportivi. Mentre le donne di ogni villaggio si presentano con nuovi canti e balli che vanno eseguiti in costumi tipici, uguali per tutti i membri, gli uomini invece si presentano con balli “mascherati” eseguiti in forma di carnevale. Le attività festive offerte variano da un villaggio all'altro ed offrono decisamente degli spettacoli memorabili, forse il periodo più consigliabile per una visita turistica.
Le attività sportive svolgono ruoli molto importanti per determinare i villaggi o le comunità più forti dal momento in cui non ci sono più le guerre armate tra di loro, per fortuna. Ed esse consistono nella “lotta greco-romano” e più modernamente nel gioco di calcio. Di solito, le persone benestanti donano dei trofei da contendere tra i vari villaggi e le varie comunità. Gli emigrati sono naturalmente considerati “benestanti” e quindi tanto è preteso da loro. E' il momento per le riconciliazioni tra le persone e tra le famiglie. Molte celebrazioni matrimoniali, sia tradizionali, sia di chiesa sono programmate in questo periodo e tradizionalmente non ci sono mai un numero limitato di persone invitate, perché più persone ci sono, più è considerato di successo.
Tradizionalmente, il nostro capodanno è ormai come all'occidente: si organizzano delle feste per ballare e divertirsi. A mezzanotte si buttano vecchie cose, si fanno i botti, si fanno delle risoluzioni che saranno poi difficilmente rispettate.......

Blessing Sunday Osuchukwu

PS: chi desidera visitare dovrà aspettare il prossimo Natale per andare con me.






Socializzarsi e rapportarsi con gli africani in occidente:

Innanzitutto, devo dire che, come si sa, rapportarsi con le persone varia dalla sensibilità di ognuno, quello che può far ridere a qualcuno, può far arrabbiare all'altro, indipendentemente se sono di paesi diversi o se sono nati dalla stessa madre. Comunque, i ragazzi africani, congolesi inclusi, piacciono la vita e cercano di viverla nei migliori modi possibili, cercando di tranne la felicità anche con le minime risorse che hanno, cioè socializzarsi per divertirsi. Credono che si possa essere felice indipendentemente dal livello sociale, cercano di adattare la felicità per corrispondere al loro status sociale anziché trascurarla di tutto. Nel fare questo, i maschi si sentono il dovere di occuparsi delle femmine attorno a loro, ad esempio, se un ragazzo africano dovesse portare un'amica o la sua ragazza a bere qualcosa al bar, mangiare al ristorante o andare in discoteca, si sente l'obbligo di pagare il conto senza dover fare "alla romana", e si sente in disaggio quando non è in grado di svolgere questo ruolo. Un tentativo di convincerlo a fare il contrario va fatto in anticipo e non dentro il locale davanti a tutti, potrebbe sentirsi in imbarazzo.

Ogni riferimento etnico - abiti, costumi, capelli, gioielli, ecc - può avere un significato molto importante per un africano che lo indossa: forte riferimento di appartenenza, radice o di origine che è più profondo e diverso dalla semplice moda, quindi scherzare con tale cosa potrebbe suscitare un'offesa inaspettata. Chiedere alla persona per conoscere meglio farebbe piacere ad un africano medio, sarebbe meglio non insistere se egli dovesse decidere di non rispondere. Gli africani, specialmente gli uomini, difficilmente esprimono le loro emozioni in pubblico e perciò tendono ad allontanare qualsiasi cosa che potrebbe farli emozionare, e qualche volta un semplice ricordo familiare può causare questo effetto. Un africano nero non piace elemosinare o ricevere una carità troppo facile, lo potrebbe accettare s'è indispensabile ma vuole comunque guadagnarsela o almeno dimostrare che il suo problema potrebbe essere di trovare il lavoro e non la volontà o la forza per lavorare. E' inevitabile rimanere legati ai piatti tipici del proprio paese e si tende ad offendersi quando tali abitudini vengono in qualche modo collegati al fenomeno del sottosviluppo o vengono considerati “abitudini strani”.

Un africano arrivato da poco è più sensibile alle situazioni disastrose in Africa e si sentirebbe più in imbarazzo, o addirittura offeso, vedere quelle scene orribili in tv o sentirsi parlare della povertà e malattie in Africa nella sua presenza. E' più sensibile al termine "Negro" e tende ad essere iper-patriotico a priori, non piace essere classificato con il termine "voi" per descrivere gli africani, immigrati o extracomunitari, quando ci si parla male. Con il passare del tempo, questi fenomeni tendono a diventare oggetti di battute anche tra gli africani stessi, pur rimanendo un'offesa. Un bravo africano è portato a denunciare anche il fratello se scopre che egli è un criminale perché culturalmente tale "scandalo familiare" è vissuto malissimo: un parente del criminale si vergogna più degli altri e odia essere incluso in qualsiasi condanna generalizzata.

E' difficile vedere un africano che parte dall'Africa già con la convinzione di non tornarci più, c'è sempre un forte legame con la famiglia di origine. Può certamente creare una famiglia anche con una straniera, può essere convinto ormai che passerà tutta la sua vita all'estero e lo può tranquillamente accettare, ma teme di essere bruscamente slegato dalla sua famiglia di origine. Dalla scena del film "indovina chi viene a cena", spesso o quasi sempre fanno vedere solo la reazione della famiglia bianca che non vuole il nero e quasi mai fanno vedere che nella famiglia nera avviene la stessa identica reazione: comunque, l'africano di oggi lo vive bene, la sua famiglia meglio di prima, ma desidererebbe una situazione di equilibrio. Cioè di poter continuare a prendersi cura, se può, della famiglia allargata: perché in molti casi ormai, quelli che sono riusciti a venire in Europa o in America hanno potuto farlo grazie anche alle proprietà di famiglia spesso vendute, e quindi rimangono in debito verso gli altri membri della famiglia......(da continuare)


Blessing Sunday Osuchukwu



Costumi e abiti Igbo, Nigeriani, Africani... (1° parte)

Nelle tradizioni Igbo, Nigeriane e Africane, il vestire è un fattore molto importante, una volta si poteva indovinare subito lo status di una persona attraverso l'abito che porta addosso. Oggi, i costumi tradizionali di costi medi sono alla portata di molte persone anche perché continua ad essere uno degli indicatori per misurare il benessere o la vita sociale di una persona, e tradizionalmente molti africani tendono spesso a coprire il loro disagio economico-finanziario mettendosi dei bei costumi addosso. In Igbo si dice "eyichie uwa George", cioè mettendosi un bel vestito addosso, la gente non può sapere che stai magari morendo di fame.
Un'altra ragione è dovuto al fatto che ogni occasione è buona per fare una bella festa - che in Africa significa cercare la felicità - e guai a chi non può avere sempre pronto un bel costume per partecipare.
In questo post mi limiterò ad inserire dei costumi "moderni", ma nel secondo post che farò cercherò di inserire i costumi antichi e quelli che sono rappresentati da oggetti(maschere ed altri simboli). Blessing


















































































































Costumi e abiti Igbo, Nigeriani, Africani... (2° parte)

Come avevo promesso, cerco di aggiornare il post sui costumi e abiti Igbo, nigeriani e africani: http://blessingsundayosuchukwu.blogspot.com/2009/03/costumi-igbo-nigeriani-africani.html. Gli abiti e costumi in africa non servono semplicemente per coprire il corpo, ma anche per far capire l'identità personale, l'appartenenza etnica e tribale, lo status sociale, la fede, ecc. Le sue caratteristiche principali sono che derivano principalmente da ciò che si poteva ottenere dagli animali, foreste o giungle, mari, alberi, terra, ecc: la pelle degli animali; la ciprea, il corno d'avorio, le perle e perline; ecc. L'abigliamento tradizionale africano non puù essere considerato completo senza questi "contorni" che spesso siano l'elemento essenziale per definire la personalità dell'interessato: orrechini, bracialetti, cappelli, collane, cinture, borse, veste, ecc............ da continuare.

(Blessing Sunday Osuchukwu, Internet)







































































11 commenti:

Anonimo ha detto...

Sarebbe interessante se parlassi per esteso dei bambini che muoiono e dei rituali che vengono eseguiti per evitare che i figli successivi ritornino alla terra.
Un'altra cosa che penso non venga mai menzionata è l'esistenza degli osu, della loro schiavitù ed i tabù che esistono nei loro confronti.

Blessing Sunday Osuchukwu ha detto...

"Sarebbe interessante se parlassi per esteso dei bambini che muoiono e dei rituali che vengono eseguiti per evitare che i figli successivi ritornino alla terra.
Un'altra cosa che penso non venga mai menzionata è l'esistenza degli osu, della loro schiavitù ed i tabù che esistono nei loro confronti."

E rispondo:
Devo dire che le tue osservazioni sono ottime. Io ho cominciato a scrivere proprio per denunciare le ingiustificate morti dei bambini, ne ho pubblicato due libri "le lacrime degli angeli" e "Il ritorno del volontario". E non mi fermerò di parlarne. Il blog è infatti, come dire, ancora in allestimento.

Per quanto riguarda gli "osu", "ogbanje", "ume", ecc, fenomeni abbastanza diffusi in alcune parti della tribù Ibo, io lo sto proprio trattando in questo momento per un libro che intendo pubblicare il prossimo anno sulla nostra storia e letteratura. Mi piacerebbe parlarne qui ma non so se la sua delicatezza e complessità saranno ben capite da persone che non li avevano mai sentite parlare prima.
Ti racconto due piccoli aneddoti:
1) Qualche anno fa, un amico mio del Yoruba – diplomatico dell'ambasciata della Nigeria – insieme alla moglie mi presentarono, al telefono, “una fedelissima amica di famiglia” della tribù Ibo che risiedeva negli USA da sposare, dicendomi che era una “born again”, praticamente quasi una pastore della chiesa. Quando per la prima volta abbiamo parlato al telefono e ci siamo presentati con nomi e posti precisi di provenienza, lei disse: "Meno male, almeno sono sicura che tu non sei 'osu' perché nel tuo cognome c'è osu e nella tradizione ibo chi ha osu nel suo cognome non lo è, e poi vieni dal clan regnante della tua comunità e gli osu non possono regnare nella comunità" E quando l'ho chiesta se sarebbe cambiato qualcosa se io fossi osu, lei mi rispose: “Sai, non è tanto per me ma per i miei genitori, e poi dai, tu sposeresti una osu?” Per me era già finita la nostra storia mai nata – era per me incredibile per una “pastore di Dio”laureata che vive negli Usa cominciare una relazione o semplice conoscenza così. Sono andato da amico mio e l'ho semplicemente detto che non poteva funzionare in quanto non mi sembrava proprio una persona di Dio, e lui incredulo non poteva capire. Ma qualche mese dopo lui mi ha chiamato nel suo ufficio per dirmi che quella ragazza, che ospitavano a casa loro, gli ha fregati tutti i loro risparmi dalla banca (circa $30.000).

2) Qualche anno fa, la moglie di un amico che divideva l'appartamento con me era venuta a sapere che la sua migliore amica da anni, addirittura la sua damigella d'onore alle nozze, fosse una “osu” e voleva stroncare subito il loro rapporto d'amicizia. Il mio tentativo di consigliarla di non farlo ha fatto sì che il mio nome sia un oggetto di pettegolezzo in tutta la città. Ed il loro bellissimo rapporto d'amicizia fu comunque interrotto per quella ragione.

Questo è solo per farti capire a che livello siamo con questo argomento tra quelli “educati” in paesi occidentale, pensati laggiù, comunque bisogna sempre affrontarli. E io da anni che ho cominciato a fare questa campagna.

Blessing

Anonimo ha detto...

Aspetto di leggere il tuo libro

Blessing Sunday Osuchukwu ha detto...

@Anonimo
Non mancherò con il libro e cercherò di non deluderti, ma se ti conoscessi magari ti manderò quelli già pubblicati.
Ciao!

Anonimo ha detto...

Interessantissime le tue spiegazioni su osu, mi lascia sorpreso che ancora oggi esistano queste caste,
se parlassi anche di abiku e igbo titles e magari dei tabù che esistono nei diversi villaggi riguardanti l'alimentazione, il matrimonio ecc., penso che ne verrebbe fuori qualcosa di corposo, che potrebbe magari essere pubblicato in un libro

Anonimo ha detto...

Comunque credo che sia molto importante parlare di certi argomenti per vincere i pregiudizi

Blessing Sunday Osuchukwu ha detto...

Grazie per la tua visita e per i commenti. Sto cercando, poco a poco, di integrare altre cose che potrebbero essere di interesse per chi volesse conoscere un pò la cultura Igbo, quindi arriverò anche a parlare di alimentazione , titoli, ecc. Infatti, in questo momento sto cercando di buttare giù qualche riga su "il mangiare in Italia" in inglese per gli africani/stranieri che desiderebbero saperne qualcosa.

I vostri contributi sarano importanti e desiderati.....
Grazie!

Renata ha detto...

Blessig, lo sai vero che potresti scrivere un libro per diffondere il tuo sapere ? C'è un modo di farlo anche tramite internet e sarebbe utile sfogliare comodamente le pagine di cultura che tu sai trasmettere con tanto garbo e profonda conoscenza.
Dai, pensaci. Con stima. renata

arianna ha detto...

dove posso trovare i tuoi libri in italia??mio marito è igbo, sono appena stata in nigeria e solo ora ho visto questo sito(perchè voglio imparare un po di ibo per la prossima volta che ci andrò). ho letto velocemente ma sono le stesse cose che ho trovato io ma che non riuscivo a capire di questa cultura. grazie perchè ora tante cose mi sono più chiare

Blessing Sunday Osuchukwu ha detto...

Dalụ Ariana, grazie per la visita e per l'apprezzamento. Se per i libri intendi quello sulla cultura, purtroppo non l'ho ancora pubblicato, per gli altri che sono principalmente sugli argomenti sociali e maltrattamenti di bambini, quelli possono essere ordinati dalla nostra associazione di volontariato "Bless Children's Foundation onlus" - www.blessingchildren.org Email: blesschildren@yahoo.it
E per quanto riguarda la lingua, non so se hai visitato un vecchio post sulla lingua che devo cmq aggiornare: http://blessingsundayosuchukwu.blogspot.com/2007/01/i-am-not-proud-of-you.html
Comunque qualora tu avessi qualche richiesta specifica da chiarire (cultura e lingua), cercherei di aiutare s'è possibile...

Anonimo ha detto...

bell'articolo!!!! molto utile per la mia ricerca.