venerdì 14 novembre 2008

In Kenya e Tanzania, esiste un popolo chiamato Masai...

(L'adamu, una danza masai)

(Donna masai)

I Masai (o Maasai) sono un popolo nilotico che vive sugli altopiani intorno al confine fra Kenya e Tanzania. Considerati spesso nomadi o semi-nomadi, sono in realtà tradizionalmente allevatori transumanti, e oggi spesso addirittura stanziali (soprattutto in Kenya). La transizione a uno stile di vita stanziale si accompagna a quella dall'allevamento all'agricoltura come fonte primaria di sostentamento; questa trasformazione è evidente nei clan masai kenioti come Kaputiei, Matapato e Kikunyuki, e in Tanzania presso gli Arusha.

I masai parlano il "maa", da cui il nome dell’etnia che è da loro pronunciato "maasai". La lingua appartiene al gruppo delle lingue nilo-sahariane ed è dello stesso ramo delle lingue di popoli nilotici quali i pokot, i dinka ed i nuer. I masai sono il popolo nilotico che, in Africa, vive più a meridione. È difficile dire quanti siano i maasai, visto che non esistono censimenti accurati ne' in Tanzania ne' in Kenya. La tendenza dei censimenti nei due paesi è quella di esagerare il numero di persone appartenenti all’etnia. Da una parte, non tutti gli abitanti dei territori ancestrali dei maasai appartengono a questa etnia; dall’altra, non è semplice censire tutti i maasai vista la tradizione di abitare non in villaggi, ma in case mono o multi-famigliari isolate e distanti tra loro. Francis Mol, il più grande esperto di lingua e cultura maasai, pone la popolazione totale a non più di 600.000 unità, equamente distribuite tra i due paesi dell’Africa orientale che li ospitano.
I masai usano che la loro origine ebbe luogo quando il progenitore di tutti i masai Mamasinta – risalì il gran burrone. Il riferimento geografico calza bene con la serie di ripide scarpate che separano il deserto del Turkana nel nord del Kenya dagli altipiani centrali del paese. Da vari indizi linguistici, della tradizione orale, ma anche archeologici, si sa che i masai hanno iniziato la loro migrazione verso sud dalla valle del Nilo verso il XVI secolo.
I masai sono tradizionalmente pastori, e la loro cultura gravita attorno la cura del bestiame. Ci sono prove certe di un periodo agricolo prima dell’arrivo nelle aree che occupano odiernamente, e la tendenza verso l’agricoltura e la sedentarizzazione è sempre più spinta a causa dei pascoli sempre più limitati e dal bisogno di denaro contante che ha sostituito il sistema di baratto della società pre-coloniale. I masai hanno una struttura patriarcale, e gli anziani hanno potere decisivo quasi assoluto per quanto riguarda gli affari comunitari. Il consiglio degli anziani è anche chiamato a dare giudizi legali qualora due o più contendenti non siano d’accordo su come applicare le leggi orali.
I masai sono monoteisti e credono in Enkai, Dio che si rivela con colori diversi a seconda dell’umore. Dio è nero (narok) quando bonario, rosso (nanyokie) quando irritato. La vera natura di Dio è difficile da capire, ma si sa che Dio è soprattutto parnumin, il Dio di tanti colori, e cioè una realtà complessa. La maggioranza dei masai è oggi cristiana, o vicina al cristianesimo.
Mentre nel passato le abitazioni erano fatte per resistere poco tempo, negli ultimi due secoli i masai hanno danno vita ad una casa (enkang) abbastanza standardizzata. L’enkang tradizionale prevede un recinto spinoso all’esterno per proteggersi dagli animali selvatici, e un recinto spinoso all’intreno per mettere il bestiame alla sera.
(Wikipedia)

10 commenti:

Aliza ha detto...

ciao Blessing, come va? interessante il post sui Maasai etnia direi famosa visto che è citata in tanti romanzi e film. Stanno cambiando anche loro come tutti noi...ti saluto.
Buon fine settimana A.

Anonimo ha detto...

Che belli che sono! Li ho visti tante volte nei documentari, e che bella l'idea di un dio di tanti colori, su questo hanno molto da insegnare a noi, che l'abbiamo sempre rappresentato bianco, ma dio deve essere sicuramente di tanti colori :). Post interessante, come sempre.
Buon fine settimana fratellone :))

Gianna ha detto...

Grazie delle notizie a me sconosciute!

Buon fine settimana blessi!

Domenico ha detto...

e interessante scoprire altre civiltà altri modi di pensare di agire bello vorrei viverci tra questa gente .
un saluto affettuoso da Domenico.
ps buon fine settimana

Rosa ha detto...
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
Silvia ha detto...

Che bello! Quante cose imparo leggendoti!! Grazie!!

;-)

Blessing Sunday Osuchukwu ha detto...

@ Rosa
Hai ragione: nei miei post ho sempre cercato di non essere troppo lungo per non annoiare il lettore, come qualche volta succede a me altrove. E poi, ci sono alcune cose che sono comuni in altre culture africane che ho deciso di non inserire, comunque ti scrivo un pò in detaglio alcune cose che hai citato:

"Dopo varie cerimonie, il rito più importante è quello della circoncisione (emorata) che deve essere sopportata in silenzio. Dopo la circoncisione il giovane è considerato un moran, giovane guerriero. Dopo la circoncisione, e per circa 6 mesi, il moran dovrà vestirsi di nero e potrà disegnare sul viso dei simboli usando terra bianca. In questo periodo, i moran vivranno in una casa speciale, manyatta, costrita sul modello dell’enkang, ma senza barriere spinose, inutili visto la presena di tanti guerrieri. All’incirca al tempo dell’emorata, il gruppo che ha avuto la circoncisione durante l’ultima emorata passerà di grado, diventando guerriero anziano.

Mentre l’uomo può sposare più di una donna, alla donna si richiede la fedeltà cogniugale. Se essa decidesse di avere rapporti sessuali con un altro uomo, questo sarebbe considerato un fatto grave. Se da questa unione dovesse nascere un figlio, il colpevole dovrà pagare una multa, e il figlio verrà riconosciuto dal marito della donna. Alcuni uomini che non hanno avuto figli maschi, chiedono ad una figlia di figliare per loro. La donna è libera di avere rapporti sessuali con chiunque lo desideri, i figli saranno del padre che così avrà un erede a cui lasciare i propri beni – le donne non hanno diritto all’eredità poiché sposandosi lasciano la loro famiglia e sono inserite nella famiglia del marito. Anche donne rimaste vedove e senza figli maschi possono ‘sposare’ un’altra donna. Questo avviene pagando il prezzo del matrimonio consetuedinaria alla famiglia della prescelta che provvederà a dar luce ad un figlio maschio che potrà ricevere l’eredità. Il divorzio è previsto e regolato da leggi molto restrittive. Se il divorzio – kitala – venisse acettato, dovrà essere consensuale, e la famiglia della donna dovrà restituire parte del prezzo di matrimonio (in passato erroneamente chiamato dote). I figli sono sempre del padre, se questi ha pagato il bestiame stabilito, del clan della madre se non c’è stata ufficializzazione del matrimonio o il patuito non è stato versato al clan della moglie."

lucagel1 ha detto...

Ciao amico e buon week end

Rosa ha detto...
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
Anonimo ha detto...

ciao Blessing: sono entrata oggi nel tuo blog così per caso...ti aggiungerò tra i blog seguiti! Ho dato una sbirciatina ai tuoi Masai...io sono stata in Tanzania ed ho conosciuto sia i Masai "turistici" che quelli "wild", i Masai "Wild" sono molto più genuini e naturali...ma è un popolo pazzesco....le loro tradizioni e radici, le loro storie di vita quotidiana...Saluti e vieni a trovarmi anche te nel mio blog (aperto da poco), mi piacerebbe che qualcuno che conosca quella bella realtà mi faccia qualche commento!
Ciao Francesca
http://www.muzungumalaika.blogspot.com/